Impianto dell’embrione, un consenso irrevocabile per l’uomo nella Fecondazione Assistita
Una nuova sentenza della Consulta sul tema della Procreazione medicalmente assistita (Pma) ha provocato non poche polemiche. La Corte costituzionale si è espressa in merito alla previsione che, nell’ambito della Pma, stabilisce la irrevocabilità del consenso dell’uomo dopo la fecondazione dell’ovulo. Ve lo raccontiamo in questo articolo.
Per approfondire:
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Il caso su cui si è pronunciata la Consulta
Nel caso del giudizio, la donna aveva richiesto l’impianto dell’embrione crioconservato nel 2017, nonostante nel frattempo fosse intervenuta la separazione dal coniuge. I due, quando erano sposati, avevano fatto ricorso alla pma, in Italia accessibile soltanto alle coppie eterosessuali sposate o conviventi. L’embrione non aveva potuto essere impiantato subito perché la donna doveva fare delle cure, durate fino al dicembre di quell’anno. Nel frattempo, il rapporto di coppia si è incrinato fino ad arrivare alla separazione nel 2019.
Nel 2020 la donna ha richiesto di diventare madre con l’embrione crioconservato. La struttura sanitaria si è opposta perché l’uomo aveva ritirato il consenso precedentemente prestato, ritenendo di non poter essere obbligato a diventare padre. A quel punto la donna ha chiesto ai giudici di esprimersi.
Il consenso informato che devono firmare le coppie che si sottopongono a Fecondazione Assistita non è più revocabile dopo 7 giorni
La legge 40 del 2004 sulla pma prevede che uomo e donna firmino un consenso informato da cui dipende lo status di figlio del bambino che nascerà grazie a detta procedura. Il consenso si può revocare fino alla fecondazione dell’ovulo, che avviene dopo 7 giorni dalla firma del consenso, proprio per dare la possibilità ai richiedenti di ripensarci sulla scelta operata. Nei documenti è indicato espressamente che la scelta è irrevocabile.
Nel caso sottoposto ad esame, l’uomo aveva firmato il consenso; la fecondazione è stata operata e, pertanto, non può annullare la sua scelta. Quello che dice la legge è che il consenso dell’uomo alla nascita del figlio non può essere revocato se l’ovulo è già stato fecondato, neppure a distanza di anni, e quindi, deve diventare padre anche se non lo vuole. Una donna, invece, può decidere di iniziare una gravidanza con l’embrione concepito con l’ex marito anche se nel frattempo i due si sono separati e l’uomo è contrario.
La donna può rinunciare all’embrione o interrompere la gravidanza
La sentenza n. 161 del 2023 (redattore Luca Antonini) chiarisce che la donna è libera di rinunciare alla gravianza o di interromperla, nei casi previsti dalla legge 194 sull’aborto.
Il fatto è giustificato poiché “la donna ha il grave onere di mettere a disposizione la propria corporalità, con un importante investimento fisico ed emotivo in funzione della genitorialità che coinvolge rischi, aspettative e sofferenze (…) A detto investimento, fisico ed emotivo, che ha determinato il sorgere di una concreta aspettativa di maternità, la donna si è prestata in virtù dell’affidamento in lei determinato dal consenso dell’uomo al comune progetto genitoriale”
I precedenti e la legge in altri Paesi
La decisione non è una questione di genere: in un Paese come il Belgio (le coppie lesbiche possono formare una famiglia con bambini), sono previste le stesse differenze. La mamma che non porta avanti la gravidanza non può rinunciare alla genitorialità.
Le sentenza, peraltro, non è rivoluzionaria. Ci sono state altre sentenze simili a Santa Maria Capua Vetere, Perugia, Lecce, Bologna. Ad esempio, la sentenza n. 1300 del 2019 della Cassazione ha riconosciuto la figlia nata due anni dopo la morte del padre sulla base dell’irrevocabilità del consenso. Anche in detta occasione l’uomo aveva autorizzato a usare il suo seme; pertanto, i giudici hanno stabilito che la bambina era figlia sua anche se concepita dopo la sua morte in una clinica di un altro paese.