135 giorni di cessate il fuoco, ecco il piano di Hamas sul fronte di guerra
Fronte di guerra a Gaza, da Qatar ed Egitto ad Hamas era arrivata una proposta di cessate il fuoco. La proposta da Parigi vedeva anche la presenza di Cia e Mossad e l’urgenza era la liberazione di ostaggi.
Il capo di Hamas rispose che avrebbe mandato la sua controproposta ed è arrivata. Reuters ha visionato la bozza della risposta di Hamas. Propone un piano di cessate il fuoco di 135 giorni suddivisi in tre fasi da 45 giorni ciascuna. Chiede un’intesa sulla liberazione di ostaggi ad Israele, una mediazione per liberare anche suoi detenuti e ostaggi.
La prima reazione di cui veniamo a conoscenza da parte di Israele è contrarietà sulla controproposta. Una fonte israeliana afferma che le richieste sono considerate inaccettabili sotto ogni punto di vista. Quindi, si parla con i mediatori, bisogna fare pressione su Hamas affinché presenti un’altra proposta. La fonte israeliana è stata citata da Ynet.
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Hamas: tre fasi, tre condizioni per il cessate il fuoco
Tre fasi, tre condizioni, sulle richieste di Hamas molta attenzione come sulla reazione di Israele e dell’opinione pubblica internazionale. Prima fase, primi 45 giorni di cessate il fuoco. Hamas in cambio di donne e minori palestinesi detenuti prevede di liberare donne, anziani, malati e maschi sotto i 19 anni.
Seconda fase nei 135 giorni di tregua, altra richiesta: scambio di uomini con altri detenuti e ritiro dei soldati israeliani da Gaza. La terza fase prevede la restituzioni dei corpi e anche aiuti per l’avvio della ricostruzione della striscia. Queste tre fasi hanno un numero preciso e riportato da Reuters: il rilascio di 1500 detenuti palestinesi dalle carceri israeliani, un terzo è condannato all’ergastolo.
Entro la fine della terza fase, Hamas si aspetta che le parti abbiamo raggiunto sulla fine della guerra.
La risposta del premier israeliano
E’ da due giorni che Hamas e gruppo Egitto Qatar dialogano su un potenziale cessate il fuoco ma soltanto oggi sono arrivate le tre proposte ufficiali. Posizioni ultime dal fronte israeliano sono queste.
“Il premier Benyamin Netanyahu parlerà questa sera sull’accordo per la liberazione degli ostaggi. Lo ha riferito l’ufficio del premier.” Per ora, le fonti israeliano che abbiamo citato portano al no, ultimo dei titoli dell’Ansa: “Hamas apre sugli ostaggi ma vuole la fine della guerra. Israele, “Impossibile non ci fermiamo”. Le parole di Netanyahu di risposta sull’accordo, come riferito dall’ufficio del premier israeliano, saranno decisive.
L’azione diplomatica di Blinken in Israele
Sono note da tempo gli obiettivi del segretario di stato statunitense, Antony Blinken spera in una accordo positivo sugli ostaggi tra Israele e Hamas. I viaggi diplomatici servono a dialogare con il mondo arabo, Blinken spesso parte dalla situazione israeliana, la pace tra i due popoli deve partire da Gerusalemme.
Blinken, si legge sull’Ansa, ha affrontato con Netanyahu diverse questioni di carattere umanitario. Preoccupante la possibile estensione delle attività militari israeliane a Rafah, nel sud della Striscia, dove sono concentrati centinaia di migliaia di sfollati.
In risposta, Netanyahu ha mostrato poi al Segretario di Stato immagini di un grande tunnel militare scavato da Hamas sotto alla sede centrale dell’Unrwa (l’agenzia dell’Onu per i profughi) nel rione Rimal di Gaza City. Si trattava – secondo il premier – di ”uno dei tunnel strategici” di Hamas.
Qualche informazioni dal passato: controllo di Hamas dal 2007 ad oggi
Dopo violenti scontri con Fatah nel 2007, Hamas ha preso il controllo della Striscia di Gaza, stabilendo un governo de facto. Da allora, Hamas ha mantenuto l’autorità, affrontando conflitti periodici con Israele, comprese operazioni militari e attacchi aerei.
Il governo del gruppo è stato segnato da sfide politiche, economiche e umanitarie, tra cui l’isolamento internazionale, il blocco e dissensi interni. Gli sforzi per riconciliarsi con l’Autorità Palestinese hanno avuto successo limitato, mentre Gaza continua a lottare contro povertà, disoccupazione e carenze infrastrutturali in mezzo a tensioni continue con Israele.