Qualche settimana fa un liceo di Ravenna ha istituito per le sue studentesse il congedo mestruale. Si tratta dunque di dare loro la possibilità di assentarsi nei giorni delle mestruazioni senza che le assenze vengano conteggiare per l’anno scolastico. Anche altri istituti vorrebbero adottarlo ed è stata presentata una mozione alla Camera per concederlo in tutte le scuole. Ma i pareri a riguardo sono discordanti e c’è chi dice no.
Congedo mestruale – Da Ravenna agli altri Istituti
Ravenna è stata la prima ma anche altre scuole si stanno muovendo per poter ottenere il congedo mestruale. Si tratterebbe di una deroga per poter avere due giorni di assenza al mese in presenza di disturbi legati al ciclo mestruale, approvati da certificato medico. Se ne sente allora parlare da Torino a Bologna scendendo fino in Lazio dove La rete studenti Medi dichiara:
“La scuola deve essere presidio di inclusività e il congedo mestruale non è solo una concessione giusta per persone con mestruazioni che soffrono ogni mese, ma è anche una battaglia contro il tabù del ciclo. Chiediamo che sia approvato in ogni scuola della regione”.
Ma se dalle scuole e dalla politica arriva l’assenso, gli esperti non sono d’accordo con il congedo mestruale.
La ginecologa Valeria Dubini ricorda che in primis il dolore mestruale è una condizione che avrebbe bisogno di diagnosi e trattamento più che dello stare a casa poiché potrebbe nascondere problematiche più gravi quali l’endometriosi. Sarebbe secondo la dottoressa, più logico sensibilizzare le ragazze verso la problematica. Violeta Benini, ostetrica e divulgatrice, aggiunge che spesso non si indaga sulla cause del dolore ma le si accetta a prescindere e senza una dovuta educazione, ottenere il congedo mestruale sarà solo una scusa per saltare la scuola.
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Ma il congedo mestruale non riguarda soltanto il mondo della scuola. Si stava già parlando infatti dello stesso nel campo lavorativo, ed anche in questo caso erano emersi dei dubbi. Se da un lato concedere dei giorni per le mestruazioni significa valorizzare la donna e non sminuire questo particolare periodo, dall’altra parte potrebbe soltanto acuire ancora di più le disparità di genere. Oltre a non garantire una privacy sulle proprie condizioni di salute, per le quali basterebbe un semplice certificato di malattia, come afferma Maria Cristina Bombelli, presidente di Wise Growth.