Caro benzina ma, soprattutto, caro gasolio.
Il prezzo del gasolio, per i motori diesel, per capirci, è decisamente pronto ad esplodere con l’embargo ai prodotti petroliferi lavorati in Russia, previsto a partire dal 5 febbraio. Da quella data, pericolosamente vicina ormai, l’Europa sospenderà l’importazione dei prodotti raffinati provenienti da Mosca per circa 1 milione di barili al giorno e almeno la metà di questi sono a basso tasso di zolfo, con grande capacità di produrre elevati livelli di calore. In fisica si definirebbe “potere calorifico”. E quello del gasolio, è decisamente elevato.
In precedenza, lo scorso 5 dicembre, era scattato un primo embargo ai danni del Cremlino: quello del greggio importato via nave. Quello che sta per scattare, invece, interessa i prodotti petroliferi raffinati.
Caro gasolio: in aumento con il doppio embargo.
Per i paesi della Ue, infatti, la questione gasolio è una ferita aperta e sanguinante: a fronte di un’importazione complessiva di 80 milioni di tonnellate, ben 25 arrivano dalla Russia (dati Unem). Significa che, a causa del doppio embargo contro Mosca, che si sta avviando al colpo finale del 5 febbraio prossimo, verrà a mancare quasi il 30% del fabbisogno. Numeri davvero allarmanti. A questo si aggiungono altri fattori, come l’aumento dei costi di produzione e la riduzione di offerta da parte di alcune raffinerie europee che, messi insieme con le maggiori richieste di gasolio per uso domestico, porterà ulteriore instabilità al prezzo del diesel.
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Prezzo che, già adesso, si aggira – e in alcuni casi supera – 1,9 euro al litro.
Da maggio 2022 un rapporto su queste criticità.
Ben inteso, tutto questo non è certo una novità, né per l’Europa né per l’Italia. Nel maggio scorso, infatti, il think tank norvegese Rystad Energy, specializzato in analisi strategiche per il settore, aveva disegnato lo scenario che ci apprestiamo a scoprire.
Con una domanda europea complessiva di gasolio che oscilla intorno ai 7 milioni di barili al giorno (6 nella migliore delle ipotesi), ecco che verrebbe a mancare circa il 7,5% del fabbisogno quotidiano. La differenza è stata coperta con nuovi fornitori – Cina e Medio Oriente per lo più – ma ad un costo maggiore.
Diesel e gasolio, Italia autosufficiente.
In Italia la situazione è stata analizzata con attenzione. Fino al giugno 2022, si importava gasolio dalla Russia per circa il 5% e, dal luglio scorso, ne abbiamo fatto completamente a meno, facendo lavorare i 13 impianti di casa nostra che, addirittura, riescono a produrne più di quanti ne consumiamo. Per dirla in cifre, raffiniamo 71 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi a fronte di un assorbimento interno di circa 55 milioni. E, in linea teorica, possiamo spingere la nostra capacità produttiva fino ad un massimo di 88 milioni di tonnellate.
A renderci, in buona parte, autonomi sotto il profilo della lavorazione dei prodotti petroliferi, è stata anche la risoluzione del tavolo di crisi relativo all’impianto di Priolo. Così ci siamo definitivamente resi indipendenti dal gasolio di Mosca.
Rischio domanda estera, uno shock per il mercato interno italiano.
I guai potrebbero arrivare, quindi, proprio dalla situazione europea, in particolare da paesi come la Germania. Berlino, ad esempio, dipende dalle forniture di gasolio russe per almeno il 30% ed ha una capacità produttiva che non supera gli 83 milioni di tonnellate. Perciò il governo tedesco potrebbe rivolgere le proprie offerte di acquisto proprio all’Italia, provocando un shock al nostro mercato interno.
Fino ad ora non è emersa una chiara strategia comune dell’Europa né sul potenziamento della capacità di raffinazione né sulla possibilità di acquistare stock di prodotti petroliferi per recuperare il gap che si verificherà con l’embargo russo a partire dal prossimo 5 febbraio. E questo potrebbe portare ad un’ulteriore impennata dei prezzi che corrono all’impazzata già da tempo: la maggior parte degli scambi commerciali all’interno del mercato europeo viaggiano su ruote, ed i motori sono, prevalentemente, diesel. Per non parlare del comparto pesca, da sempre in guerra contro la piaga del caro gasolio. Ulteriori aumenti del carburante, quindi, impatterebbero ancora di più sui prezzi delle merci, a danno dei consumatori.
Antitrust: “Esporre i cartelli con i prezzi medi è controproducente”.
Intanto, i benzinai italiani hanno incassato il sostegno dell’Antitrust: l’esposizione dei prezzi medi sarebbe inutile, nella migliore delle ipotesi, se non addirittura dannosa. In audizione alla Camera, il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm, ndr) Roberto Rustichelli, ha chiaramente precisato come, per i carburanti, “non vi sia necessità di introdurre un meccanismo di calcolo e diffusione dei valori di riferimento medi, atteso che appaiono incerti i benefici per i consumatori, a fronte di un possibile rischio di riduzione degli stimoli competitivi”.
Il decreto Trasparenza pensato da governo, quindi, non produrrebbe alcun beneficio imponendo l’esposizione dei prezzi medi . Anzi, al contrario, potrebbe spingere le pompe ad allinearsi al medesimo prezzo, con variazione di pochi millesimi, rischiando di favore la pericolosissima pratica del “cartello”.
“La diffusione presso gli esercenti di un prezzo medio regionale – ha infatti dichiarato Rustichelli alla commissione parlamentare – rischia di ridurre la variabilità di prezzo, in quanto potrebbe essere utilizzata dalle imprese per convergere automaticamente su un ‘prezzo focale,’ ovvero un parametro chiaro da seguire per evitare una ‘guerra di sconti‘ che andrebbe a beneficio ai consumatori”.
Ma non è soltanto questo il motivo per cui l’Antitrust ha bocciato l’iniziativa del governo. “Potrebbe facilmente verificarsi che, per motivi collegati ai costi e alla logistica, alla densità di distributori, nonché al livello della domanda – ha proseguito il presidente dell’Agcm – il prezzo in una determinata sotto-zona sia diverso da quello medio regionale, che quindi costituirebbe un indicatore non rappresentativo della situazione locale e, come tale, poco utile al consumatore”.
Sui prezzi di diesel e benzina l’Antitrust annuncia un’indagine conoscitiva.
Quello che, invece, va perseguito, per l’Antitrust, è “un ulteriore potenziamento delle misure di visibilità dei prezzi” attraverso “le rilevazioni ministeriali e la diffusione tramite strumenti tradizionali o telematici”.
E ci vorranno due o tre mesi, sempre secondo Rustichelli, per conoscere i risultati di un’indagine conoscitiva che l’Agcm ha deciso di condurre sulle “dinamiche competitive della filiera di carburanti per autotrazione, al fine analizzare l’andamento dei prezzi e alcune fasi specifiche della filiera petrolifera”.
In attesa, quindi, delle verifiche dell’Antitrust sulla condotta più o meno virtuosa delle compagnie petrolifere sarà bene imparare a difendersi dal caro gasolio e dai rincari della benzina: e, in questo articolo, vi spieghiamo come fare.