Vertice NATO, la due giorni a Vilnius
Martedì 11 e mercoledì 12 luglio Vilnius è diventata la capitale della Nato; la capitale lituana è presidiata da migliaia di poliziotti e uomini delle squadre speciali. Il vertice dei 31 Paesi che formano la NATO hanno portato alla città nordeuropea i capi di Stato e di governo dell’Alleanza.
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Adesione della Svezia
Molti gli argomenti al centro del summit, tra i quali spiccano le adesioni della Svezia e dell‘Ucraina. In merito alla prima, tutti gli alleati sono favorevoli; fino alla vigilia dell’incontro c’era il veto da parte della Turchia, che minacciava di opporsi all’ingresso della Svezia nella Nato qualora l’Unione Europea non avesse approvato l’adesione della Turchia, in attesa da molti anni. Com’è logico, i rappresentanti Nato e quelli UE sono insorti di fronte a dette dichiarazioni, in quanto entrambi i processi di adesione seguono regole e procedure completamente diverse.
A sorpresa, il presidente turco Recep Tayyp Erdogan ha sgombrato la strada, dichiarando di approvare l’ingresso del Paese nordico nella NATO. Alla base del rifiuto di Erdogan ad accettare la Svezia come nuovo membro dell’Alleanza atlantica c’è un annoso conflitto sulla protezione che Stoccolma fornirebbe ai rifugiati curdi. Il parre favorevole è scattato invece in seguito all’impegno da parte della Svezia di perorare, in qualità di membro UE, la causa della Turchia per accelerare la sua adesione.
Fumata nera per l’Ucraina
Quanto all’Ucraina, l’esito era nell’aria; non scontato, ma quasi. L’Ucraina entrerà nella Nato, sì, ma non adesso. Quando? non si sa bene ancora. Non è stata indicata una scadenza. Kiev sarà invitata quando “gli alleati saranno d’accordo e quando le condizioni saranno soddisfatte“. I Paesi hanno ribadito “l’incrollabile solidarietà con il governo e il popolo ucraini nell’eroica difesa della loro nazione, del loro territorio e dei nostri valori comuni“, ma non hanno ritenuto che le condizioni il cui versa il Paese ex Urss possano essere alla pari di quelle degli altri membri del Patto.
La delusione di Zelensky
Le dichiarazioni di supporto dei Paesi del Patto Atlantico non hanno convinto il Presidente Zelensky, che si è dimostrato molto contrariato al rifiuto di accettare subito l’adesione del suo Paese e, soprattutto, di non sapere quando questo accadrà: “È assurdo e senza precedenti che non ci sia un calendario, né per l’invito né per l’ingresso dell’Ucraina nella Nato“.
In realtà, ha spiegato il segretario generale Jens Stoltenberg (alla guida dell’Alleanza), gli alleati offrono a Kiev un pacchetto di aiuti e appoggio politico che non ha precedenti neppure ai tempi della Guerra Fredda. Di fatto, Kiev riceverà 500 milioni di euro l’anno per modernizzare le forze armate ucraine, rendendole interoperabili con quelle atlantiche (ad oggi impossibile). Inoltre, non si può dimenticare l’impegno di assistenza militare: Francia, Germania e Norvegia hanno annunciato nuove forniture di carri armati e missili. In 17 mesi ininterrotti sono stati forniti al Paese 160 miliardi di dollari in sostegno militare ed economico.
Jens Stoltenberg
Gli impegni futuri della Nato
Tutti i Paesi hanno concordato che l’ingresso automatico dell’Ucraina comporterebbe un grosso rischio di conflitto con la Russia e che sarebbe inopportuno accettare n Paese che deve risolvere ancora alcune questioni endemiche interne (corruzione, democrazia). Tuttavia, si tratta di un “buon compromesso”, come ha dichiarato la premier estone, Kaja Kallas, a capo di coloro che avrebbero voluto scadenze precise e tempi veloci per l’adesione: “Capisco la delusione di Zelensky, ma c’è una volontà chiara di avere l’Ucraina nella Nato“.
Kaja Kallas
Anche questa volta i governi alleati si sono impegnati a spendere almeno il 2% del loro Pil per la difesa. Avevano promesso di farlo entro dieci anni già nel 2014 a Cardiff. Da allora solo 11 Paesi su 31 hanno mantenuto la promessa. A Vilnius non hanno neppure indicato una data. Faranno meglio dell’ultima volta?