Se questo è uno stipendio: i 30enni e i 7 euro l’ora

By Luana Pacia

È una brutta istantanea quella fotografata dalla Federcontribuenti. Le statistiche rivelano come i guadagni siano meno di 7 euro l’ora, comportando uno stipendio da sfruttati più che da lavoratori. Cerchiamo di capire cosa sta accadendo, oggi, nel mercato del lavoro.

Qual è lo stipendio dei 30enni italiani?

La Federcontribuenti ha svolto un’indagine da cui è stata tratta una lunga lista di irregolarità nel mondo lavorativo italiano. Sembra infatti che il 54% dei trentenni guadagni meno di 7 euro netti l’ora. La situazione non migliora nel settore degli apprendisti, in quanto ce ne sono troppi fino ai 29 anni; ciò delinea una situazione molto fragile per una fascia d’età che dovrebbe essere in realtà protetta e con uno stipendio sicuro.

L’11% dei soggetti dai 28 ai 35 anni, invece, non è proprio contemplato dallo sviluppo economico, nonostante sia proprio questa fascia di età a dover essere un punto di appoggio per le pensioni future. Gli italiani lavorano, si laureano, ma restano incatenati in uno dei pochi paesi dell’Unione Europea con uno stipendio davvero basso rispetto al costo della vita. Quando il lavoro è dipendente, ci troviamo di fronte a una situazione che va contro i contratti nazionali, con sfruttamento e maltrattamento. Una dinamica che subisce anche la mancanza di attenzione da parte della classe politica.

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Part-time e partite IVA

Ad oggi, i contratti part-time sono in costante aumento e ciò coinvolge 1,3 milioni di trentenni a cui è preclusa la possibilità di affittarsi una casa, chiedere un mutuo o semplicemente formare una famiglia. Questo aspetto va in forte contrasto con il concetto di decrescita demografica, tanto caro al Governo, ma che si trova in netta antitesi contro l’attuale situazione lavorativa: i lavoratori non possono mettere su famiglia o fare figli se non hanno un lavoro stabile e uno stipendio adeguato.

Uno stipendio part-time corrisponde anche a una pensione irrisoria, infatti nella nota dell’associazione dei consumatori si legge: “Quando si fa un estratto contributivo il 60% di chi si presenta è condannato a una pensione sociale misera come misero è il numero di chi si può’ permettere una pensione contributiva, solitamente impiegati statali“.

Chiudono la questione i soggetti con partita IVA: secondo la Federcontribuenti è una vera e propria strage degli autonomi in fallimento, in special modo nel nord-est dove è registrato un aumento del 68%. I lavoratori non riescono a mettere da parte uno stipendio adeguato e le tasse e il cuneo fiscale non fanno altro che accrescere questo disagio.

Le parole dell’associazione sono molto dure e racchiudono la rabbia provata nel vedere tanti giovani lasciati in condizioni disastrose: “Tutti i contratti di lavoro esistenti dovevano servire da fondo per la brace di Pasqua e invece si continua beatamente lasciare che un 29 enne si senta o veda costretto a firmare un contratto part-time per lavorare invece come un mulo e senza potersi permettere nemmeno una stanza arredata. Tutto questo mentre, di nuovo, tornano a crescere gli stipendi per tutti manager pubblici e privati che fanno utili o voti sulle vesti stracciate della popolazione“.

La proposta di Federcontribuenti

L’indagine di Federcontribuenti si chiude con un’ottima proposta, ovvero uno stipendio minimo per legge, come succede in altri paesi europei. Non solo, c’è bisogno di un massimo di tre contratti nazionali per tre fasce di età, un apprendistato massimo fino a 24 anni, zero costi fiscali sul dipendente e una riforma del sistema previdenziale. Speriamo che, al più presto, il Governo riesca a mettere in pratica una riforma necessaria per il mondo del lavoro, affinché i trentenni italiani riescano finalmente a fungere davvero da traino per lo sviluppo economico. In caso contrario, la situazione del futuro sarà nera come la pece.

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