Il papà di Tommaso, il piccolo investito nell’asilo di L’Aquila 2 giorni fa, ha a stento la forza di parlare quando viene intervistato dai giornalisti.
Lui abita insieme alla moglie e mamma del piccolo Tommaso proprio davanti all’asilo: quel pomeriggio, sentito il gran frastuono, è uscito subito ed è andato nel giardino. Alle maestre continuava a chiedere atterrito: “Dove è Tommaso??”.
Il papà a La Repubblica: “Quella donna non c’entra”
Patrizio D’Agostino, questo il nome de papà, racconta del momento in cui ha saputo che suo figlio non c’era più: “Si può dire che l’abbia vissuta in diretta. Ero sul terrazzo di casa mia quando ho sentito un boato”.
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“In quel momento ho detto a mia moglie ‘è successo qualcosa a Tommaso’. Lei era più calma ma io no”, dice l’uomo che allora si è precipitato verso l’asilo con la nonna di Tommaso, sua madre. Lì, racconta l’uomo, c’era un vero “inferno”.
Quando ha chiesto dove era il figlio, gli hanno detto di andare a casa e non preoccuparsi. Ma non ha nemmeno fatto in tempo a tornare a casa, che ha ricevuto la telefonata, ed è tornato indietro.
“Ho visto una macchina nel giardino dell’asilo. I pompieri erano riusciti a sollevare la vettura con un sistema ad aria compressa e il mio piccolo Tommaso era lì, con gli occhi chiusi, pallido. Tre dottori attorno a Tommaso, Uno gli praticava il massaggio cardiaco… Non ho nulla da recriminare ai soccorsi, hanno tentato il tutto per tutto”.
Poi aggiunge: “Spero che il mio cucciolo sia davvero morto sul colpo, all’istante, appena finito sotto la macchina. Immaginarlo agonizzante mi toglie il respiro”.
Il perdono di Patrizio e la moglie Alessia
“Avevamo intenzione di sposarci il 3 luglio, giorno di San Tommaso. Un passo che avevamo deciso di fare per tutelarlo. Abbiamo deciso che lo faremo lo stesso, per lui. Ovviamente la cerimonia in chiesa non la faremo. Non è una festa”, dice papà Patrizio
“E se la donna che ha provocato la tragedia volesse farle visita? “La accetteremo nella nostra casa, vivrà con questo peso per tutta la sua vita ed è giusto darle un abbraccio e farle sentire che abbiamo capito: si è trattato di una disgrazia, non di una sua volontà”.