Genitori No vax negano test Covid al bambino di 4 anni
Questa storia che ha raccontato Luigi Ferrarelle, di Il Corriere, ha dell’incredibile. Una coppia di genitori no vax ha negato ieri ai medici di un ospedale di Milano il consenso per effettuare il test Covid-19 al loro figlioletto di 4 anni e mezzo, gravissimo, anche se l’unica possibilità di salvarsi era data dall’esecuzione del test. Com’è possibile? Eppure, è così. Vi raccontiamo cosa è successo e come si è risolto l’empasse, almeno provvisoriamente.
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L’emergenza Covid è finita davvero?
La malattia del bambino e il ricovero in ospedale
Il bimbo di 4 anni è in pericolo di vita. E’ affetto da un tumore molto aggressivo. Quando i genitori lo ricoverano d’urgenza in ospedale, arriva il drammatico responso: il piccolo sta morendo. Bisogna tentare urgentemente di salvargli la vita. In questo ospedale i medici non dispongono dei mezzi tecnici necessari per tentare il tutto per tutto. A quel punto, suggeriscono ai genitori di trasferirlo urgentemente in un altro centro specializzato attrezzato per trattare questa tipologia di malattia.
Per trasferire il piccolo nel secondo centro ospedaliero si rende necessario effettuare il tampone Covid-19. La procedura è normale; anzi, in questo caso è assolutamente necessaria, poiché in quella struttura sono ricoverati molti pazienti immunodepressi. Una infezione da Covid potrebbe risultare fatale; pertanto, per accedervi, tutti i nuovi pazienti devono effettuare un tampone.
Il rifiuto dei genitori ad effettuare il tampone sul bambino
Quando sembrava una questione da risolvere in pochi secondi, arriva la doccia fredda: il NO rotundo da parte dei genitori, italiani e no vax convinti. I due si sono rifiutati di fare effettuare il tampone sul loro figlioletto e hanno negato il consenso ai medici. Senza tampone non è possibile il trasferimento. Nel frattempo, il tempo scorre e le chance di salvare il piccolo si riducono.
I medici pensano di ricorrere al Tribunale per i Minorenni, per aggirare la negazione dei genitori e tentare di salvare la vita al piccino. Ma non c’è tempo, perché le tempistiche delle procedure davanti al Giudice Tutelare sono lunghe. Pertanto, si rivolgono alla Procura di Milano con urgenza, esponendo le criticità del caso.
La lotta contro il tempo e la scelta del PM
Vista la particolarità della situazione, e tenuto conto che il tempo trascorre inesorabilmente, il Pubblico Ministero Nicola Rosato valuta le opzioni disponibili: si rende conto che non ci sono i tempi minimi per far intervenire il Tribunale dei Minorenni sulla responsabilità genitoriale di padre e madre; peraltro, non c’è nemmeno la possibilità di attivare gli articoli 3 e 5 della legge del 2017 che prevedono che, in caso di disaccordo tra il medico e il legale rappresentante del minore “la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del medico o del pm“.
Pertanto, il Magistrato sceglie di “forzare” la norma penale (articolo 359-bis) sul prelievo coattivo dei campioni biologici, che è prevista SOLO per salvaguardare un’indagine. Così, il PM apre velocemente un’indagine a carico dei genitori per l’ipotesi di reato di tentato omicidio del figlio. L’indagine consente ai medici di sottoporre il piccolo a tampone e il bimbo viene trasferito subito nel secondo ospedale, dove si trova adesso, lottando tra la vita e la morte.
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