Lo “zar” Vladimir Putin, per il Tribunale Penale Internazionale, è un criminale di guerra. Senza se e senza ma, dovrà stabilirlo un processo; per ora, però, il presidente della Federazione Russa ha sul capo un mandato di arresto internazionale emesso dai giudici della Corte Penale Internazionale dell’Aia.
Putin, emesso mandato di arresto internazionale per crimini di guerra in Ucraina.
Il testo della nota diffusa poco fa è integralmente leggibile sul sito della Cpi-Icc (Cour Pénale Internationale – International Criminal Court), che ha sede nella città olandese.
La notizia era nell’aria già dall’inizio della settimana, quando il New York Times riportava alcune indiscrezioni secondo le quali i giudici fossero ormai pronti ad aprire in via formale ed ufficiale due procedimenti per i crimini commessi dalla Russia nel corso della guerra contro l’Ucraina.
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Un altro ordine di arresto spiccato per il commissario per i Diritti dei Bambini.
Un secondo mandato di arresto è stato spiccato anche nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissario per i Diritti dei Bambini della Federazione Russa.
“Vi sono fondati motivi per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale per i suddetti crimini – si legge nella nota diffusa dalla CPI – per averli commessi direttamente, insieme ad altri e/o per interposta persona, e per il suo mancato controllo sui subordinati civili e militari che hanno commesso quegli atti”.
Nel diffondere la notizia, la Corte Penale Internazionale ha sottolineato che i mandati di cattura sono stati spiccati dalla II Camera preliminare, dopo le istanze di accusa presentate lo scorso 22 febbraio, ovvero 365 giorni dopo l’invasione russa in territorio ucraino. Il motivo del ritardo nella divulgazione sarebbe dovuto alla necessità di tutelare testimoni e vittime e per salvaguardare le indagini.
Putin accusato di aver deportato oltre 6000 minori ucraini nei centri di rieducazione russi.
“Tuttavia – si legge ancora – consapevole che le condotte contestate nella fattispecie sarebbero ancora in corso, e che la conoscenza pubblica dei mandati può contribuire a prevenire l’ulteriore commissione di reati, la Camera ha ritenuto che sia nell’interesse della giustizia autorizzare la Cancelleria a rendere pubblica l’esistenza di questi mandati, il nome degli indagati, i reati per i quali i mandati sono stati emessi e le modalità di responsabilità stabilite dalla Camera”.
Tutti i reati ascritti allo “zar” – da oggi anche formalmente un criminale di guerra – sarebbero stati perpetrati nei territori ucraini occupati almeno a partire dal 24 febbraio 2022.
I crimini di cui Vladimir Putin deve rispondere sono quelli di deportazione di migliaia di bambini e di ragazzi ucraini verso i campi di “rieducazione”. La Corte ha accertato il trasferimento illecito di oltre 6.000 minori in 43 strutture ma il bilancio potrebbe finire con l’essere ben più grave: secondo fonti ucraine, i bambini e gli adolescenti deportati sarebbero più di 16 mila. I dati raccolti dai giudici incaricati sono comunque bastati per decidere di procedere contro coloro che sono stati ritenuti responsabili e che vi fossero le basi giuridiche per istruire un processo nei confronti di Putin e del suo commissario per i diritti dei minori. E, dopo i crimini contro i bambini, ci si aspetta che una seconda inchiesta possa a breve aprirsi (o concludersi) per gli indiscriminati bombardamenti ai danni della popolazione civile ucraina per mano russa.
Soddisfazione da Kiev.
Andrij Kostin, procuratore generale dell’Ucraina, affida a twitter la propria reazione alla decisione storica e senza precedenti: “Sono personalmente grato al procuratore della Cpi Karim Khan per questa storica decisione. Continuiamo la stretta collaborazione con la Cpi nei casi di deportazione forzata di bambini ucraini. Oltre 40 volumi di fascicoli, più di 1000 pagine di prove già condivise con la Corte”.
Sprezzante la risposata di Mosca.
La risposta russa non si è fatta attendere. Del resto, già nei giorni scorsi, il portavoce del Cremlino, DimitrY Peskov, non aveva fatto mistero del fatto che Mosca non riconoscesse alcuna autorità al Tribunale dell’Aia. Dopo la diffusione della notizia, a parlare è Maria Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo: “Le decisioni della Corte penale internazionale non hanno alcun significato per il nostro Paese, nemmeno dal punto divista legale” – ha confermato Zacharova – La Russia non è parte dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale e non ha obblighi sulla base di questo – ha aggiunto la stessa Zakharova in una dichiarazione sul suo canale Telegram – “La Russia non coopera con questo organismo e gli eventuali ordini d’arresto da parte della Cpi sono per noi privi di base legale“.
Meno elegante il commento di Dmitry Medvedev, vicepresidente del consiglio di sicurezza russo: “La Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto contro Vladimir Putin – scrive su Twitter – Non c’è bisogno di spiegare DOVE dovrebbe essere usato questo documento” – aggiungendo un emoji della carta igienica.
Certo, questo però significa che Vladimir Putin, ricercato come criminale di guerra, non potrà metter piede in nessuno dei 123 paesi che hanno ratificato il trattato di Roma, pena vedersi mettere le manette ai polsi. Prima, a causa dell’embargo, era solo lasciato fuori dalla porta dei paesi che avevano aderito alle sanzioni contro Mosca. Adesso, lo zar rischia ben altro. Ma può sempre andare in vacanza in Cina.